Donne con disabilità, un 8 marzo anche per noi

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Addio mimose o cioccolatini, per l’8 marzo le donne si aspettano di più… vogliono il rispetto, la dignità, il riconoscimento del proprio operato, la parità con l’altro sesso. E non solo una volta l’anno in occasione della festa delle donne. Se alcune di queste conquiste sono state ottenute con grandi sforzi e difficoltà da donne che hanno lottato non solo per se stesse, ma anche per le loro simili, oggi è giusto che queste vittorie siano a portata anche delle donne con disabilità. Abbiamo chiesto ad alcune di loro che cosa desisderebbero ricevere in questa giornata

Giusy Versace, atleta paralimpica e attualmente conduttrice televisiva
«Il sogno personale e (incrociamo le dita) realizzabile sono i risultati sportivi: quest’anno è l’anno degli Europei e delle Paralimpiadi di Rio… un sogno meno individuale e più ideale?» – dice – «Maggior sensibilità nei confronti delle donne e soprattutto delle donne con disabilità».

Ileana Argentin, parlamentare del Partito Democratico
«Come regalo per la festa delle donne vorrei la certezza di tempi brevi per l’approvazione definitiva al Senato della legge sul Dopo di noi appena approvata dalla Camera. Non voglio parlare di politica anche in occasione di un giorno di festa, ma dedicare questo provvedimento ai genitori e soprattutto alle mamme e alle sorelle dei ragazzi disabili gravi, perché conosco bene il loro impegno quotidiano di donne e il peso dell’angoscia per l’avvenire dei loro figli e fratelli».

Simona Petaccia, giornalista e presidente della onlus Diritti Diretti.
«Adoro la mimosa, ma adoro i suoi colori e i suoi profumi tutto l’anno… persino quando non è rigogliosa. Spero che l’8 marzo sia considerato allo stesso modo, perché le donne sono da amare e rispettare tutto l’anno, sia con disabilità sia senza disabilità. E anche gli uomini! Per questo, porgo la mia rispettosa indifferenza a questo giorno di festa, sperando con tutto il cuore di non averne bisogno, per essere “Semplicemente Simona” e non una vittima da compatire o una donna eroica da ammirare. Questo è il mio desiderio: Vorrei che la gente considerasse chi convive con una disabilità solamente come una persona con pregi e difetti come tutti, oltre che qualche esigenza speciale. Volete farmi un regalo? La mia festa è tutti i giorni, iniziate pure e… magari, da un bel paio di scarpe col tacco alto».

Laura Bassi, fondatrice dell’associazione senza fini di lucro Achilles International Italia.
«Mi piacerebbe che le persone iniziassero a capire meglio quello che è il mondo della disabilità, imparando ad andare oltre certe barriere mentali. Troppo spesso oltre all’ignoranza c’è l’inciviltà (basti pensare a quanto spesso vengono occupati posti riservati alle persone invalide senza considerare lo scopo per il quale esistono: lo spazio laterale necessario per montare e smontare la carrozzina dall’auto e la vicinanza all’entrata soprattutto in caso di pioggia). Vorrei – prosegue Bassi – anche che le persone iniziassero a guardarci negli occhi piuttosto che fissare le nostre mancanze o gli ausili suoi quali ci sediamo o ci appoggiamo. Siamo persone. Non abbiamo bisogno di compassione ma di comprensione riguardo ai nostri diritti e bisogni».

Tatiana Vitali, educatrice ed animatrice con disabilità
«Ogni donna ha sogni e desideri, non sempre sono raggiungibili, questo non toglie alla persona la possibilità di crederci e di fare tutto il possibile pur di raggiungere l’obiettivo desiderato. Ogni giorno mi trovo a dover affrontare e superare barriere sia architettoniche, sociali e culturali e sarebbe bello non doverle incontrare, ma mi rendo conto che è un’utopia» .

Tiziana Ronchetti (30 anni) animatrice con disabilità del progetto Calamaio del CDH-Centro Documentazione Handicap di Bologna.
«Uno dei più grandi desideri di realizzazione personale è quello di diventare madre, di due gemelli, un maschio e una femmina! La mia condizione di disabilità, però, penso che potrebbe ostacolare la realizzazione di questo sogno…».

Loredana Longo (32 anni) vice presidente della Marina Romoli Onlus e fondatrice di cure girls, un gruppo di donne mielolese di diversa nazionalità che si batte per supportare la ricerca di una cura per la paralisi.
«L’8 marzo è la festa della donna ma io non amo festeggiare le ricorrenze, perché mi ricordano che il tempo passa e ancora non vi è ancora alcuna cura per la paralisi. Quando 3 anni fa ho fondato le Cure Girls ho pensato che molte donne che soffrivano proprio come me potevano lottare insieme e sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema grave che è la paralisi causata da lesioni del midollo spinale. Abbiamo incontrato e finanziato ricercatori e abbiamo “studiato” numerose linee di ricerca. Tuttavia questo non è ancora abbastanza e la nostra battaglia terminerà solo quando la paralisi diventerà curabile. Non vogliamo più che la paralisi devasti i nostri sogni e quelli delle persone che amiamo».

Barbara Garlaschelli, scrittrice e blogger
«Mi piacerebbe ricevere un razzo che mi portasse su un pianeta senza barriere architettoniche, fisiche e mentali».
(27esimaora.corriere.it)

di Giovanni Cupidi

Noi, donne con disabilità di Gaza

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Donne palestinesi con disabilità impegnate nel Progetto “INCLUDE

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(immagine tratta dalla rivista «Voice of Women»)

«Scrivo sulla mia disabilità per far sì che tutto il mondo sappia quanto noi, persone con disabilità, soffriamo, ma anche per mostrare al mondo che la vera disabilità risiede nella mente. Questa formazione mi ha portato sulla giusta via per fare in modo che la mia comunità e le altre comunità sappiano cosa significa la disabilità».
Sono parole di Ahlan, giovane donna palestinese con disabilità di Gaza, che spiega così l’effetto sulla sua vita avuto dal lavoro di formazione sull’uso dei media, nell’àmbito del Progetto INCLUDE – Empowerment socio economico delle donne con disabilità nella Striscia di Gaza, promosso dalla ONLUS riminese EducAid(Cooperazione e Aiuto Internazionale in Campo Educativo), insieme alla RIDS, la Rete Italiana Disabilità e Sviluppo, voluta, nel 2011, dalla stessa EducAid, insieme all’AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau), a DPI Italia (Disabled Peoples’ International) e alla FISH(Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), per realizzare iniziative di informazione, formazione e consulenza in Italia e a livello internazionale.

In questi giorni Ahlan fa parte di una delegazione dicinque donne palestinesi con disabilità, in rappresentanza di altrettante organizzazioni di persone con disabilità di Gaza, giunta nel nostro Paese per incontrare la società civile italiana e le rappresentanze istituzionali, oltreché per stringere alleanze e per ricordare che a Gaza esiste e resiste una società che, nonostante le condizioni a dir poco difficili, ha voglia di riscatto e chiede che i propri diritti siano rispettati.

Come abbiamo raccontato ampiamente anche su queste pagine, negli ultimi quattordici anni Gaza ha visto un progressivo isolamento sia culturale che economico; persone e merci fanno sempre più fatica a entrare e a uscire dai 365 chilometri quadrati in cui la Striscia è rinchiusa, e a farne le spese sono soprattutto le persone più vulnerabili, tra cui le donne con disabilità, che già di per sé vivono una doppia discriminazione – come donne e come persone con disabilità – pagando quindi un prezzo molto alto.
Iniziato nei primi mesi del 2013, quando anche il nostro giornale ne aveva spiegato le caratteristiche, il Progetto INCLUDE si è dato l’obiettivo di attivare e sostenere ilprotagonismo delle stesse donne palestinesi con disabilità, nel migliorare le loro condizioni di vita sia da un punto di vista economico, sia nel promuovere il rispetto dei loro diritti di donne e di persone con disabilità.
«Per poter raggiungere questi risultati – si legge in una nota diffusa dalla FISH – EducAid e la RIDS hanno messo in campo, negli ultimi due anni, numerose attività tra loro in sinergia, ad esempio promuovendo la creazione di microimprese, attraverso un finanziamento a fondo perduto a beneficio di 35 donne con disabilità. Su un altro versante, inoltre, sono state formate 120 donne con disabilità all’uso e alla produzione di video, foto e articoli raccolti all’interno della rivista “Voice Of Women”, diffusa attraverso un sito dedicato e tramite i social media del progetto. In tale quadro è stata avviata anche una riflessione sul monitoraggio dell’attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dallo Stato di Palestina il 2 aprile dello scorso anno. E infine, un gruppo di 20 ragazze con disabilità, con il supporto di esperti di livello internazionale, ha potuto realizzare un’importante“ricerca emancipatoria”, tesa cioè a individuare e ad analizzare i fattori sociali, economici e culturali che, nello specifico contesto locale, ostacolano l’inclusione sociale delle donne con disabilità».

A coronamento, dunque, di questo percorso, la delegazione di donne con disabilità, come detto, è arrivata in questi giorni in Italia e sta vivendo un percorso ricco di eventi e incontri, a partire da quello del 2 marzo, presso l’Università di Bologna, con i docenti e gli studenti della Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione.
Trasferitasi successivamente a Roma, la delegazione si è recata al Ministero degli Esteri e a quello del Lavoro e delle Politiche Sociali – ricevuta dal responsabile di quest’ultimo Dicastero, Giuliano Poletti – e quindi presso organizzazioni impegnate per la tutela e la promozione dei diritti delle persone con disabilità, fra cui la stessa FISH.

Inoltre, infine, il 4 marzo, le donne palestinesi, accompagnate anche dal presidente della FISH Vincenzo Falabella, sono state ricevute da Papa Francesco in un’udienza pubblica.**
(superando.it)

**parte rielaborata

di Giovanni Cupidi